domenica 15 novembre 2015

TUTTOSCUOLA - L'Islam in classe: che fare?”

Ciò che è avvenuto a Parigi venerdì 13 novembre 2015, una vera e propria operazione militare di quelle che non si erano viste nell’Europa occidentale dai tempi della seconda guerra mondiale, va esaminato non solo sotto il profilo della politica internazionale, militare e della sicurezza, ma anche del significato che occorre attribuirle dal punto di vista culturale e della ricaduta che potrebbe avere in contesti come quello dei sistemi educativi europei, sempre più multietnici e multiculturali.


Perché un conto è ritenere che ci si trovi di fronte a un’azione che, per quanto sanguinosa e condotta in modo organizzato, resta su un terreno politico-militare, che si tratti insomma di un episodio di terrorismo, reso ancora più barbaro dal fatto di aver fatto vittime assolutamente incolpevoli.

Altro è, e su questo va fatta un’approfondita riflessione, giungere alla conclusione che la strage di Parigi restituisca attualità e attendibilità alla teoria dello ‘scontro di civiltà’, proposta tra molte polemiche negli anni novanta dello scorso secolo da Samuel Huntington, secondo il quale, a seguito della crescita economica e demografica di altre civiltà, come quella islamica (o quella cinese, indiana ecc.), il modello di civiltà occidentale, fondato su pluralismo, tolleranza e libertà individuale, sarebbe destinato a entrare in conflitto con altri, come quello islamico, ove prevalgono tendenze integraliste, assolutiste e teocratiche.

Bisogna capire se è questo che sta avvenendo, e se davvero il mondo occidentale deve rassegnarsi ad abbandonare il progetto (che ha radici giudaico-cristiane e percorre tutta la cultura euro-americana, da Kant a Dewey) di una universalizzazione dei diritti e dei valori della sua tradizione politica, filosofica e anche pedagogica, centrata sull’incommensurabile importanza, dignità e valore della persona e della sua vita: quella vita, a partire dalla propria, che i kamikaze islamici di Parigi hanno mostrato di non tenere in alcun conto.

Noi ci auguriamo che quanto accaduto a Parigi non induca il mondo occidentale ad arroccarsi e a rinunciare al dialogo con altre culture, che è l’unica strada che può portare a recidere le radici del fanatismo e dell’ideologia della ‘bella morte’.